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Una delle scoperte che ha rivoluzionato la vita dell’uomo è, senza dubbio, quella del fuoco: utilizzato per illuminare, cucinare e riscaldare, con l’evolversi delle civiltà e delle culture, i campi d’impiego del fuoco sono andati aumentando e diventati il fondamento di ingegnose invenzioni.

Le civiltà antiche e i primi metodi di riscaldamento

Prima i greci e poi i romani lo utilizzarono per ideare forme di riscaldamento centralizzate e diffondere così il calore in ampi spazi sia pubblici che privati: il primo esempio storico che andava oltre il “semplice” focolare (o braciere a fiamma libera) fu l’ipocausto, una forma di riscaldamento indiretto costituita da un forno alimentato a legna che portava aria calda nelle intercapedini ricavate in pavimenti e pareti.

Dopo la caduta dell’impero romano fu nuovamente il focolare a diffondersi in Europa, diventando la forma di riscaldamento più utilizzata: in ambito domestico, esso era situato al centro della stanza e prevedeva un foro sul tetto per la fuoriuscita dei fumi. In tal modo la diffusione del calore era soddisfacente, tuttavia non mancavano problemi legati a dispersione termica, frequenti incendi e intossicazioni dovute all’inalazione dei fumi di combustione. Tra le innovazioni più importanti di questo periodo si trovano i primi esemplari di cappa e canna fumaria, elementi utili per l’evacuazione dei fumi, i quali, unitamente all’utilizzo di nuovi materiali per la costruzione delle abitazioni (pietra e mattoni), permisero una maggiore sicurezza e un maggiore rendimento del focolare, nonché la possibilità di posizionare il camino in ogni ambiente della casa.

 

Gli antenati della stufa

Il caminetto, nella sua accezione moderna, nacque nei paesi scandinavi tra il 1200 e il 1300. Inizialmente si trattava di un elemento molto ingombrante, con problemi di dispersione del calore e dei fumi. Grazie a numerosi studi e tentativi volti a risolvere queste problematiche, si giunse ad un camino per metà inserito nel muro, che riduceva così spazi e ingombri, favoriva la funzionalità e la sicurezza confluendo i fumi direttamente in appositi cavedi ricavati nelle pareti. Durante la seconda metà del Settecento vennero realizzate varie tipologie di caminetti, in lamiera di ferro, appoggiabili al muro, che sfruttavano la conduttività del metallo per irraggiare il calore prodotto dalla combustione e che, di fatto, rappresentano gli antenati della stufa.

Con la rivoluzione scientifica giunsero innovative soluzioni, dall’inserimento di una presa d’aria nel focolare, agli studi sul miglioramento dell’efficienza legati alla proporzionalità bocca del camino e altezza della canna fumaria, fino all’utilizzo del calore radiante.

Verso la metà del 1800 nuove conoscenze scientifiche contribuirono all’ideazione di metodi per sfruttare al massimo il calore prodotto dai fumi di combustione, unendo all’irraggiamento anche il riscaldamento per convezione, introducendo un’intercapedine attorno al focolare in cui veniva introdotta l’aria prelevata dall’ambiente, raccolta in basso, e che al suo interno si riscaldava per venire poi reintrodotta nel locale, con moto convettivo, dalla parte superiore dell’apparecchio; da qui il principio del moderno inserto.

Sul finire del Secolo, il progresso tecnologico e metallurgico permise l’inizio della produzione in serie di stufe per riscaldamento e cucine economiche, dapprima alimentate a legna e carbone e successivamente a gas, più efficienti e meno dispendiose dei camini.

La vera rivoluzione nell’ambito degli impianti di riscaldamento è da ricondurre al 1855 con l’invenzione dei termosifoni in ghisa per impianti a circolazione d’acqua; questa, insieme alla disponibilità di petrolio e alla sua accessibilità di prezzo, permisero la nascita dell’impianto di riscaldamento alimentato da caldaia o generatore di calore. I primi impianti di riscaldamento, infatti, erano costituiti essenzialmente da una caldaia a basamento, radiatori in ghisa e un vaso di espansione aperto. Le tubazioni, ben dimensionate e con diametri più generosi rispetto agli impianti odierni, erano posate in pendenza in modo da garantire la circolazione naturale dell'acqua; solo successivamente si iniziarono ad installare gli acceleratori ossia dei circolatori che garantivano il movimento “forzato” dell'acqua d’impianto a velocità molto ridotta.

Gli impianti di riscaldamento a pavimento, nati agli inizi del 1900 installando tubazioni annegate sotto al pavimento, si diffusero in larga scala nel dopoguerra, portando, tuttavia, una lunga lista di problematiche, specie gestionali: è solo negli anni ’70, in seguito all’adozione di migliori tecniche, che questi impianti trovano la loro piena applicazione in abbinamento a diverse tipologie di generatori.

 

I primi generatori di calore

I primi generatori di calore erano inizialmente alimentati a carbone, nafta e gasolio, sostituiti, in seguito alla crisi energetica del 1973, da gas naturale e GPL, che un po' alla volta soppiantarono i combustibili (sino ad allora) tradizionali, dando vita al processo di metanizzazione di gran parte dei paesi nel mondo. Per molti anni, dunque, furono installate caldaie a combustibile gassoso, apparecchi che rappresentavano la modernità degli impianti seppure tutt’altro che privi di problematiche legate al rendimento, alla dispersione di monossido di carbonio negli ambienti di installazione ed all’inquinamento atmosferico.

Con i termini caldaia o generatore di calore s’intendono quelle apparecchiature nelle quali avviene il trasferimento di energia termica dai prodotti della combustione al fluido termovettore, costituite da:

  • Focolare o bruciatore: organi di ingresso dell'energia termica. Sul focolare, o grazie al bruciatore, si costituisce una miscela tra il carbonio (o altro elemento ossidato) contenuto nel combustibile e l'ossigeno contenuto nell'aria in modo da realizzare una fiamma tale da trasmettere il calore sia per conduzione termica tramite i fumi caldi di combustione, sia per irraggiamento;
  • Camera di combustione: contenente il focolare (o il bruciatore). Nel caso di focolari a combustibile solido è prevista una camera, detta cinerario, solitamente sottostante la griglia del focolare, nella quale si accumulano le ceneri di combustione prima di essere estratte; la camera di combustione è solitamente in leggera depressione nel caso di combustibile solido, in presenza di un bruciatore, invece, la camera è a pressione superiore rispetto a quella atmosferica;
  • Fascio tubiero: insieme di tubi che collegano, nelle caldaie a tubi di fumo, il focolare al camino e, in quelle a tubi d'acqua, i corpi cilindrici, ha la funzione di aumentare il più possibile la superficie di scambio tra fumi e acqua;
  • Camino: condotto esterno di dispersione dei prodotti di combustione esausti.

I generatori di calore possono essere distinti in base a differenti caratteristiche, quali:

  • Tipologia di combustibile utilizzata (gassoso, liquido o solido);
  • Modalità di installazione;
  • Volume d’acqua contenuto (accumulo – elevato, medio, basso);
  • Tipo di bruciatore (atmosferico, ad aria soffiata);
  • Sistema di evacuazione dei prodotti della combustione (a tiraggio naturale, a tiraggio forzato).

Una distinzione importante viene fatta in base al tipo di camera di combustione ed al metodo di evacuazione dei fumi che permette di classificarli tra:

  • Generatori a camera aperta, nei quali l’aria necessaria alla combustione proviene direttamente dall’ambiente in cui l’apparecchio è installato e i fumi evacuati tramite canna fumaria verso l’esterno, tipicamente a tiraggio naturale;
  • Generatori a camera stagna, nei quali tutto il circuito di combustione risulta ermetico rispetto all’ambiente ove è installato e l’aria comburente viene prelevata dall’esterno e opportunamente canalizzata impedendo così qualunque contaminazione dell’ambiente abitato; in questo caso la caldaia è dotata necessariamente di un ventilatore che assicuri l’aspirazione dell’aria e l’espulsione dei fumi (tiraggio forzato).

 

Efficienza energetica e fonti rinnovabili

L’Ecodesign (o ErP – Energy related Products) direttiva europea, ha prescritto i requisiti prestazionali minimi riguardanti gli apparecchi con potenza termica nominale minore di 400 kW, l’obiettivo è impedire che nel mercato siano immessi prodotti o sistemi poco efficienti che non rispettino gli obblighi specifici relativi agli standard di efficienza energetica. Ai produttori, a partire dal 26 Settembre 2015, non è consentito introdurre sul mercato caldaie e sistemi di tipo tradizionale e/o con elevate emissioni nocive per l’ambiente (caldaie a camera aperta o di tipologia B).

A partire dal 26 settembre 2018 le direttive hanno ristretto ulteriormente il campo: sono stati introdotti i valori limite sulle emissioni inquinanti di NOx: gli apparecchi per il riscaldamento degli ambienti devono avere emissioni di ossidi di azoto non superiori a:

  • 56 mg/kWh nel caso di utilizzo di combustibili gassosi;
  • 120 mg/kWh nel caso di utilizzo di combustibili liquidi.

Negli ultimi decenni, generatori di nuova generazione si sono diffusi nel mercato per cercare di rispondere alle necessità di abbandonare i combustibili fossili, limitare le emissioni nocive nell’atmosfera, garantendo inoltre maggiori rendimenti nonché risparmio energetico, nel rispetto dell’evoluzione normativa sempre più “ecologista”. Da qui la nascita dei generatori a gas a condensazione, in grado di recuperare i fumi di combustione al fine di ricavarne nuovo calore, nonché la crescente riscoperta di combustibili “antichi”, legna da ardere e i suoi moderni derivati quali pellet, cippato, briquette, da utilizzare in generatori derivanti dalla tradizione e forti dei progressi della tecnologia contemporanea quali camini, stufe, termocamini e termostufe ed, infine, la rapida ascesa dei generatori elettrici privi di combustione ossia le pompe di calore.

Il percorso relativo ai regolamenti ErP si è concluso a fine agosto 2019 con l’eliminazione delle classi di minore efficienza e con indicazioni ancora più restrittive: vi è stato un taglio delle classi di minor efficienza ed una nuova classificazione da A+++ a D per caldaie e pompe di calore.

L’uso delle fonti rinnovabili (impianti fotovoltaici, collettori solare termico, impianti eolici, impianti geotermici, etc.), per lo più in abbinamento ai generatori, e la sperimentazione e l’utilizzo di nuovi combustibili (il biogas, l’idrogeno, la zeolite) sono parte di questo cambiamento radicale degli ultimi decenni. Tra le innovazioni più interessanti degli ultimi anni spicca senz’altro quella dell’utilizzo dell’idrogeno come combustibile, sia per mezzi di trasporto nonché come fonte di energia elettrica e termica, come nel caso dei generatori a idrogeno.

L’idrogeno è un gas inodore e incolore, pertanto non percepibile dai sensi umani, classificato come estremamente infiammabile dal repertorio normativo relativo alle sostanze e i preparati pericolosi, avente una densità quattordici volte inferiore a quella dell’aria: per le sue caratteristiche, è il gas con il più alto rapporto energia/peso. Esso non è presente in natura allo stato puro, ma la sua disponibilità è pressoché illimitata; allo stato elementare esiste sotto forma di molecola biatomica H2  e, al contrario dei combustibili fossili, è un vettore energetico privo di carbonio: grazie a questa sua caratteristica, le emissioni della combustione sono prive di CO2. Un’ulteriore peculiarità che rende particolarmente interessante l’impiego dell’idrogeno anche nell’uso in impianti di riscaldamento, è l’assenza di fiamma durante la combustione, evitando sostanzialmente la formazione degli ossidi di azoto (NOx).

In un clima nel quale le persone stanno finalmente prendendo coscienza della necessità di distaccarsi dall’utilizzo di combustibili fossili in quanto risorse esauribili nel medio periodo e dei cambiamenti climatici in atto, l’idrogeno rappresenta un’opportunità da sfruttare come: 

  • elemento per lo stoccaggio di energia;
  • vettore energetico per il trasferimento di energia;
  • carburante non inquinante per la mobilità.

I metodi di produzione dell’idrogeno sono sostanzialmente due: si può estrarre dal gas naturale o dal carbone mediante il cosiddetto reforming, oppure lo si può ottenere mediante l’elettrolisi dell’acqua.

Lo steam reforming è il processo che, in generale, parte dagli idrocarburi per la produzione di gas di sintesi, tuttavia la produzione di idrogeno si riferisce principalmente alla conversione del gas naturale unitamente al vapore acqueo. La prima fase, reforming primario avviene ad elevata temperatura e porta alla produzione di syngas (gas di sintesi) attraverso la reazione del gas naturale con il vapore acqueo; la miscela ottenuta è costituita da metano residuo, monossido di carbonio, acqua e idrogeno. La seconda fase, reforming secondario, avviene mediante l’utilizzo di aria in una post-combustione che ha lo scopo di eliminare il metano residuo e di ottenere una maggiore concentrazione di monossido di carbonio e idrogeno; in questa fase, il monossido di carbonio (CO) viene trasformato in anidride carbonica (CO2) mediante la combinazione con ossigeno.

L'elettrolisi dell'acqua è un processo nel quale il passaggio di una corrente elettrica causa la scomposizione dell'acqua in ossigeno ed idrogeno gassoso. La cella elettrolitica è in genere composta da due elettrodi di un metallo inerte, tipicamente platino, immersi in una soluzione elettrolitica e connessi ad una sorgente di energia elettrica: la corrente elettrica dissocia la molecola d'acqua negli ioni H+ e OH; al catodo gli ioni idrogeno H+ acquistano elettroni in una reazione di riduzione che porta alla formazione di idrogeno gassoso mentre all'anodo, gli ioni idrossido OH subiscono ossidazione, cedendo elettroni formando quindi un volume di idrogeno quasi doppio rispetto al volume di ossigeno.

Dai processi sopradescritti la ricerca è partita per la produzione di celle a combustibile ossia dispositivi elettrochimici che, in modo similare ad una batteria, accumulano l’energia generata la quale può essere direttamente utilizzata per alimentare un carico elettrico, ad esempio un motore o un sistema di illuminazione, o per riscaldare, sfruttandone il potenziale termico, mediante uno scambiatore che veicoli l’energia termica verso l’acqua di circuito d’impianto o stoccata in serbatoi d’accumulo. Il calore viene prodotto dalla combinazione spontanea di idrogeno e ossigeno, la cui reazione catalitica, priva di fiamma che avviene all’interno di appositi combustori, abbisogna, come detto sopra, di un apporto energetico (elettricità) per portare la miscela alla temperatura di reazione.

I modelli meno recenti di caldaie a idrogeno presentano degli svantaggi quali ad esempio la necessità di avere una riserva di idrogeno stoccato in bombole ad alta pressione (200 atm); tali generatori possono essere utilizzati solo in alternativa ai generatori tradizionali, di fatto non sfruttando tutto il potenziale del combustibile. La ricerca tecnologica si sta muovendo al fine di studiare l’eventuale riconversione dell’infrastruttura esistente di trasporto e distribuzione del gas naturale per la veicolazione dell’idrogeno, andando ad eliminare il problema dello stoccaggio. I metodi di produzione dell’idrogeno, come sopra descritti, sono entrambi validi per lo scopo, tuttavia è evidente che il sistema elettrolitico è l’unico in grado di garantire il reale abbattimento delle emissioni inquinanti; purtroppo tale sistema è ancora molto oneroso e, di conseguenza, ancora poco accessibile nel mercato.

Grazie alle celle a combustibile, i generatori a idrogeno sono oggi in grado di autoprodurre il combustibile necessario nonché di rappresentare, in tutto e per tutto, una microcogenerazione in grado di fornire energia termica ed energia elettrica, specie se in abbinamento a fonti rinnovabili quali, ad esempio, gli impianti fotovoltaici.

L’energia, il trasporto e l’industria sono i maggiori fattori nella transizione verso un’economia sostenibile e a basse emissioni di CO2. L’attuale obiettivo in Europa è di ridurre dell’80-95% le emissioni di gas serra al 2050 (Roadmap del 2011) e dal 2019 è strategia europea, per la realizzazione di un’economia competitiva azzerando completamente le emissioni nette di CO2, in linea con l’Accordo di Parigi, l’obiettivo di mantenere ben al di sotto dei 2°C il riscaldamento globale, limitandolo a 1,5°C. Importanti traguardi di percorso sono stati definiti in merito, accompagnati da relative direttive UE. L’idrogeno può contribuire significativamente alle soluzioni necessarie, grazie alle sue qualità come combustibile, agente chimico e vettore energetico e di accumulo.

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