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Negli articoli trattati in questo blog, si sono visti ed analizzati molti aspetti relativi all’impiantistica di climatizzazione degli edifici, sia per quanto concerne i generatori che per quanto concerne l’involucro edilizio, evidenziando, di volta in volta, quali siano i requisiti, le esigenze e le problematiche legate al caso e, più un generale, alla possibilità d’intervento. Nel caso degli edifici vincolati, ossia in quelle architetture che ricadono nella tutela del D.Lgs 42/2004, la questione impiantistica diviene, giocoforza, più complicata in quanto non si ha più a che fare con la “semplice ristrutturazione” edilizia bensì con interventi più delicati quali sono quelli di restauro e conservazione architettonica.

Tra i principi di tali interventi ve ne sono alcuni più generali e altri che, direttamente o indirettamente, si pongono in stretto legame con la questione impiantistica: 

  • Principio di compatibilità chimica: i materiali usati, a contatto con quelli della costruzione originaria, non devono in alcun modo costituire potenziale danno di tipo chimico alla materia originale;
  • Principio di compatibilità fisica: sono da evitare situazioni che, turbando l'equilibrio originario delle condizioni fisiche del manufatto, possano incrementare i fenomeni di degrado. In particolare ci si riferisce alle condizioni di traspirazione delle superfici, di umidità, di temperatura, etc.
  • Principio di reversibilità: qualsiasi operazione eseguita sul manufatto storico, la cui materialità deve essere garantita il più possibile, deve essere reversibile ovvero intaccare al minimo la materia originale;
  • Principio del minimo intervento: tutti gli interventi devono essere calibrati in relazione alle effettive necessità;
  • Principio di durabilità: i materiali e le tecnologie da usare dovranno essere molto durevoli oppure dovranno essere tali da consentire interventi successivi di manutenzione ordinaria o straordinaria senza che ciò comporti alterazioni al monumento stesso;
  • Principio di manutenibilità: sollecita una particolare attenzione nel prevedere l'uso di soluzioni progettuali che rendano agevole l'ordinaria e la straordinaria manutenzione dell'edificio.

Per concludere questa parte introduttiva, va detto infine che, in materia di edilizia tutelata, si fa riferimento a edifici destinati ad attività “speciali” e molto spesso di uso pubblico come uffici, musei, teatri, strutture ricettive, etc. che richiedono pertanto sistemi impiantistici specifici atti a garantire non solo il comfort termico/termoacustico, ma anche l’equilibrio termoigrometrico; in altre parole, gli impianti di climatizzazione, di trattamento dell’aria e di regolazione dell’umidità devono essere progettati in maniera multidisciplinare e necessariamente secondo la regola del caso per caso in maniera tale da rispondere alle esigenze di conservazione del manufatto architettonico nonché dei manufatti di altra natura presenti al suo interno (affreschi, opere d’arte, arredi, arazzi, etc.), in relazione anche alla sensibile variabilità dell’afflusso e della presenza di persone al suo interno.

A proposito dell’importanza riguardo a tutela e conservazione degli edifici storici la Norma tecnica di riferimento è la UNI 10829:1999 “Beni di interesse storico e artistico – Condizioni ambientali di conservazione – Misurazione ed analisi”, la quale prescrive una metodologia per la misurazione nel campo delle grandezze ambientali termoigrometriche e di illuminazione ai fini della conservazione di beni di interesse storico e artistico e fornisce indicazioni relative alle modalità di elaborazione e sintesi dei dati rilevati per una loro valutazione finalizzata al contenimento dei processi di degrado. Di fondamentale importanza, infatti, sono gli studi preliminari e propedeutici rispetto agli interventi impiantistici i quali dovranno, come detto, essere frutto di una progettazione multidisciplinare e specifica, per non dire “unica”, rispetto all’edificio oggetto di opere, nella quale i progettisti architettonici, i progettisti tecnologici, i responsabili della tutela e i gestori delle attività, devono mettere a disposizione le rispettive conoscenze al fine di realizzare, in piena sicurezza, tutte le funzioni necessarie alla libera fruizione di questi edifici e delle opere in essi contenute.

Gli impianti di climatizzazione per gli edifici storici possono essere così suddivisi:

  • Impianti idronici con terminali radianti: sistemi “tradizionali” che utilizzano l’acqua come fluido termovettore funzionanti per irraggiamento mediante termosifoni, pannelli radianti a pavimento, parete, soffitto, o battiscopa radianti; gli impianti a pannelli nascosti nell’involucro edilizio e/o battiscopa radianti sono tra le soluzioni più efficaci da un punto di vista energetico ed estetico, tuttavia tale soluzione è plausibile soltanto in presenza di superfici non di pregio o pavimenti/pareti nel tempo degradati che quindi abbisognino di una profonda manutenzione e di risanamento. Questo sistema si sposa perfettamente con impianti ad alta efficienza energetica, in particolare con caldaie a condensazione con recupero di calore (emissione di fumi a bassa temperatura, adatta al contatto con le strutture lignee), tuttavia abbisognano di un sistema di evacuazione dei fumi di combustione e di un sistema di alimentazione del generatore che prevede l’allacciamento ad una rete di distribuzione o una gestione di eventuali combustibili alternativi;  
  • Impianti elettrici con pannelli radianti: impianti alimentati da pompa di calore che utilizzano acqua o altro fluido termovettore funzionanti per irraggiamento mediante pannelli radianti a pavimento, parete, soffitto. I vantaggi sono i medesimi detti al punto precedente, inoltre l’alimentazione elettrica esonera l’impianto dalle problematiche relative all’alimentazione del generatore e può sopperire alle necessità sia di riscaldamento che di raffrescamento; 
  • Impianti elettrici con terminali di termoventilazione: sistemi costituiti da un generatore elettrico che preleva e riscalda/raffresca l’aria che viene poi immessa nell’ambiente per moto convettivo mediante fancoil o split;
  • Impianti a tutt’aria canalizzati: sistemi costituiti da un generatore elettrico che preleva e riscalda/raffresca l’aria che viene distribuita negli ambienti mediante canalizzazione. Tale sistema è il più efficace per quanto concerne il controllo della qualità dell’aria e del tasso di umidità relativa; i sistemi a tutt’aria sono tra i più utilizzati, quando vincoli architettonici non lo impediscano, in virtù dell’assenza di tubazioni portanti acqua o altri liquidi termovettori negli ambienti le quali rappresentano un potenziale pericolo in caso di guasto per via di perdite o percolazioni; inoltre, a causa delle spesso elevate portate d’aria in gioco, si ottiene una distribuzione dell’aria più uniforme in grado di evitare stagnazioni anch’esse potenzialmente dannose a causa dei possibili sbalzi d’umidità relativa interna. Poiché il controllo di temperatura e umidità relativa dell’aria risulta rilevante per la conservazione degli oggetti, gli elementi per il controllo di tali grandezze devono essere posizionati in zone rappresentative delle condizioni microclimatiche, privilegiando dunque misurazioni effettuate direttamente nei locali interessati piuttosto che in corrispondenza delle canalizzazioni di mandata o di ripresa dell’aria. In generale, gli ambienti in cui sono richieste particolari condizioni microclimatiche devono essere tenuti in sovrapressione (circa 1-2 Pa) rispetto agli ambienti limitrofi per evitare infiltrazioni di aria non controllata; l’uniformità di temperatura, umidità e concentrazione di inquinante in un ambiente climatizzato dipende dal metodo utilizzato per la distribuzione dell’aria e dalle portate d’aria immesse ed estratte dall’ambiente. Particolare attenzione deve essere rivolta, infine, anche alla scelta della temperatura di immissione dell’aria nei locali, la quale non deve essere superiore o inferiore di ± 5°C a quella ambiente;
  • Impianti idronici o elettrici con terminali a piastra (solo riscaldamento): sistemi simili ai succitati “impianti tradizionali” il cui irraggiamento avviene mediante piastre di varie dimensioni e di varie finiture, generalmente di spessore contenuto, poste sopra la pavimentazione. Si tratta di impianti efficaci ma tuttavia molto limitati in quanto in grado di ricoprire soltanto alcune zone degli ambienti, ossia quelle occupate dalle piastre, nonché visivamente piuttosto invasivi;
  • Impianti a raggi infrarossi (solo riscaldamento): sistemi alimentati a gas o elettricità, molto economici, dalle rese molto parziali e dal notevole impatto visivo;
  • Impianti misti aria/acqua: impianti costituiti da ventilconvettori, alimentati con acqua calda e refrigerata ed aria “primaria” esterna (opportunamente filtrata, riscaldata e/o raffreddata secondo le necessità) avente la funzione di apporto di aria di ricambio e controllo dell’umidità relativa ambiente. La portata dell’aria è notevolmente inferiore rispetto a quella necessaria per gli impianti a tutt’aria, con conseguenti minori necessità di spazi per l’alloggiamento ed il passaggio dei canali. Per contro sussiste il problema della dislocazione e posizionamento degli apparecchi terminali.

Nel caso degli edifici vincolati deve essere posta particolare attenzione al posizionamento dei generatori, delle unità interne ed esterne, dei vani tecnici, della rete di distribuzione e quant’altro è strettamente legato agli aspetti architettonico-strutturali dell’edificio. In generale, è necessario predisporre un vano in cui alloggiare il generatore o, nel caso degli impianti a tutt’aria, l’unità interna di trattamento d’aria la quale non dovrebbe essere collocata troppo lontano dai locali da climatizzare affinché non si debba ricorrere a un sovradimensionamento e/o ad una eccessiva lunghezza dei i canali di distribuzione dell’aria; all’uopo, è quasi sempre possibile creare controsoffitti nei vani di servizio (ad esempio nei locali limitrofi ai servizi igienici se non all’interno degli stessi) per concentrare gli apparati più rumorosi negli ambienti meno pregiati. Un’altra soluzione spesso utilizzata, anche se possibile solo in edifici dove tali condizioni architettoniche siano già presenti, è lo sfruttamento delle intercapedini preesistenti nelle murature, nonché dei cavedi delle canne fumarie degli antichi camini; non è raro, infatti, che in molti edifici storici le intercapedini ed i cavedi ricoprano gran parte delle superfici verticali ed orizzontali offrendo così la possibilità di nascondere nei solai le canalizzazioni, realizzando bocchette di ventilazione (sia a parete, nelle immediate vicinanze dell’intradosso dei solai, sia a terra). Nel caso in cui nell’edificio sia già esistente un impianto di riscaldamento, sarà quasi sempre possibile sfruttare la presenza dei condotti installati nei solai e sostituire il generatore o i soli terminali, procedendo con l’eventuale risanamento dei condotti di evacuazione dei prodotti della combustione.

 

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